Come si misura la vita? Analizzando gli alti e i bassi, direbbe qualcuno. Guardando l’amore e/o l’odio che si è dato o si è ricevuto, risponderebbe qualcun altro. Beh, per quanto mi riguarda, sono stato un bambino prima e un ragazzo poi, a cui è stato tolto non tutto, ma un po’ di cose. La capacità di correre, parlare, fare e disfare, come gli altri. Giocare a pallone, come gli altri. Essere in grado di far ubbidire il mio corpo a quelle convenzioni, sociali o meno, come gli altri. Però, una cosa, il buon Dio, non me l’ha tolta. La cosa più preziosa al mondo: la voglia matta e disperatissima di conoscere, di voler vedere il mondo, ma soprattutto, la capacità di riuscire a leggere lo stesso con i miei occhi. C’è un però, bello grosso, da far abbattere un intero palazzone di speranze e aspettative. Nella logica perversa di questo cosmo, lo stesso che io arditamente volevo esplorare, tutto ha un costo. Anche apprendere, voler imparare. Per un ragazzo di periferia, con solo una madre operaia al suo fianco, ciò significa vedere volare via la sola chance che abbia mai avuto per costruirsi un futuro. Perché sì, carpe diem, vivere alla giornata e tutto quel tipo di detti e proverbi potranno anche sembrare affascinanti. Ma, dopo un po’ che li si ascolta, si viene colti dal dubbio della veridicità e dall’efficacia di tal pensiero.
E dunque, si giunge alla domanda di prima: come si misura la vita? Attraverso anche i colpi di fortuna, caduti come fulmini a ciel sereno qua e là, durante il faticoso cammin di nostra vita. E qui, si deve tornare a una mattina splendente di inizio giugno di nove anni fa. Terza media. Quasi tutti preoccupati a morte per la prima esperienza di esame. Io no. Alla fine si trattava di una serie di verifiche. Ehm, a dire la verità una cosa mi tormentava: la famigerata prova Invalsi, soprattutto la parte di matematica. Io e i numeri non siamo ottimi amici, e credo che mai lo saremo. Comunque sia, ero pressoché rilassato. Ad alterare la situazione ci pensò l’ultimo giorno di scuola. Prima dell’ultima ora, al termine dell’intervallo, il bidello del nostro piano mi disse che il vicepreside mi cercava. Il mio primo pensiero fu: “Oh mio Dio, cos’ho fatto?” Mentre stavo iniziando a dirigermi al suo studio, una voce mi fermò. Una pacca sulla spalla. “Mussie, ti ho cercato dappertutto!” Il prof. Rigamonti mi fece segno di seguirlo. Uscendo dal corridoio, incontrai altre quattro mie colleghe. Dallo sguardo interrogatorio di una, capii che c’era qualcosa di strano. “Forza, andiamo!” Rigamonti era un TAV ormai. Ci dirigemmo in palestra. Là ci accolse una marea di bambini festanti. I primini, che non vedevano che l’ora di finire il loro primo anno, per l’appunto. “Silenzio! Ehi, ho detto silenzio. Bene…”, il vicepreside, schiarendosi la voce, ci fece cenno col capo di avvicinarci a lui. “…eccoci qua. Non sono qua da solo, come vedete. Per una ragione. Quest’anno il Consiglio didattico ha deciso di assegnare una borsa di studio, ovvero un bel po’ di soldini per gli studenti più meritevoli, più bravi. E voi direte, che ce ne importa? Tutto ha un senso. Questi quattro ragazzi sono stati candidati a questa borsa di studio. E voglio che sappiate che se loro ce l’hanno fatta, potete farcela anche voi! Allora, ve li presento. Prima le signore (…). Per ultimo c’è Mussie Y. M.” Frena un secondo. Io sarei candidato a una borsa di studio? Io? Con la faccia da sfigato che mi ritrovo, con tutti i guai che combino? No, avrà sbagliato persona. IO? Il mio cuore per un po’ smise di pompare. Ero veramente felice, eppure incredulo. Quando tornai in classe, piansi dalla gioia. “Sii orgoglioso di te stesso, figliolo” mi disse mia madre, quel giorno. E me lo ripete ancora oggi, dato che il sottoscritto è troppo schiacciato dal peso di non essere mai all’altezza.
Da qui, facciamo un salto di 20 giorni. Fatti gli esami, mi sentivo finalmente pronto a godermi l’estate giù in Eritrea. Ma mancava qualcosa. Con mio grande dispiacere, mi era stato riferito che era stata una delle mie colleghe ad aggiudicarsi l’agognata borsa di studio. Però ormai erano finiti i tempi in cui mi mettevo a piagnucolare per ogni cosa andata storta. Sinceramente, nell’intimo del mio cuore, sapevo di non farcela. A farmi cambiare idea, una telefonata a mia madre, pochi giorni prima della partenza per le vacanze. “Mussie! Ce l’hai fatta! Ce l’hai fatta!”. Disse che la professoressa d’italiano era riuscita a trovare un’associazione, che donava aiuti economici a ragazzi meno abbienti. Così, il 30 giugno 2011, venni premiato con la borsa di studio “G. Santini” di Associazione Anatroccolo Onlus. E fu l’inizio di una storia bellissima, una storia che continua tutt’ora. Un percorso fatto di solidarietà a senso unico, ma che spero seriamente un giorno possa cambiare e diventare a doppio senso. Tutte le volte che avevo paura di non essere abbastanza bravo, c’era sempre la famiglia dell’associazione a sostenermi, ad incoraggiarmi. Persino quando si è trattato di pagare un soggiorno linguistico in quarta liceo in Spagna, si è deciso di venirmi incontro. E ancora, quando finii il liceo, mi arrivò una mail, con su scritto: “Saremmo veramente felici di poterti aiutare anche all’università.” Passo dopo passo, mi sono fatto grande anche grazie a un gruppo di persone di una magnanimità incredibile. Quell’associazione con un nome parecchio strambo al primo impatto, ma che dopo qualche secondo di ragionamento, si può arrivare a tutt’altra conclusione. Ovvero che tutti noi possiamo diventare dei cigni: animali di primo parecchio incompresi, ma, se cresciuti, possono essere una vera e propria meraviglia per gli occhi.
Millanto sempre di essere un lupo solitario, ma inconsciamente penso sia sempre meglio camminare con qualcuno al tuo fianco, da soli si è troppo vulnerabili agli urti della vita. Come si misura l’esistenza di qualcuno? Completiamo la risposta. Si deve anche vedere se quel qualcuno è fortunato ad avere i compagni di viaggio giusti.
Mussie Y. M.
Beneficiario della borsa di studio "G. Santini"
Vogliamo esprimere tutta la nostra stima e gratitudine nei confronti dell'Associazione da lei presieduta. Estenda anche ai soci e volontari dell'Associazione Anatroccolo questo nostro sentito ringraziamento.
La fattiva collaborazione fra i nostri Enti ha portato già molti frutti concreti di solidarietà. Molte famiglie della nostra scuola, beneficiano già da diverso tempo del progetto "Borsa di studio Anatroccolo" che è attivo ormai da diversi anni e che riesce a sostenere i bisogni di tanti bimbi permettendo loro di partecipare a tutte le attività scolastiche.
Ora questa nuova iniziativa benefica permetterà a venti famiglie che in questo particolare momento faticano nel vivere quotidiano di ricevere 40 tessere virtuali "Esselunga" che saranno di grande aiuto per i bisogni primari.
Un sentito grazie